Giovanni Falcone, un esempio da seguire

Giovanni Falcone, un esempio da seguire

30 anni fa 500 kg di tritolo squarciarono l’asfalto dell’autostrada, che si aprì in un bagliore accecante, sbalzando in alto e indietro l’auto di servizio di un uomo che non era un uomo qualunque. Quell’uomo, seguito dalla propria scorta di cui parte fu coinvolta nell’attentato, era Giovanni Falcone. Magistrato e fedele servitore della Repubblica, pilastro del pool antimafia, morì dopo ore di agonia sul letto d’ospedale, tra le braccia del suo collega e storico amico Paolo Borsellino, anch’egli impegnato nella lotta contro la criminalità organizzata. Questa data rappresenta un fatto importantissimo, per tutti gli italiani onesti e non solo, dal momento che in questa data perse la vita una tra le persone che più di tutti tentò e lottò di dare dignità al nostro Paese, vessato dal terrorismo politico e da quel morbo asfissiante della mafia che per troppi anni lo tenne imprigionato. Falcone fu una personalità importante perché, di fatto, insieme agli altri uomini che fecero la storia della lotta alla mafia, cambiò le sorti del Paese e se oggi viviamo un po’ più liberi di quanto non lo fossero le generazioni a noi precedenti, lo dobbiamo anche a lui. Nato a Palermo il 18 maggio 1939, a soli 26 anni divenne pretore a Lentini e dopo l’omicidio del giudice Cesare Terranova, nel settembre del 1979 passò all’Ufficio Istruzione della sezione penale su invito di Rocco Chinnici, con il quale, insieme a altri magistrati e personalità come Borsellino, Giuseppe Di Lello e Leonardo Guarnotta, nacque il pool antimafia.

La carriera di Falcone fu impegnativa e importantissima, grazie a lui venne istituita la cosiddetta super procura e il “metodo Falcone” rappresentò una chiave fondamentale nello svolgersi delle indagini. I mafiosi lo uccisero perché, di fatto, egli stava riuscendo a smantellare la loro struttura, a indebolire sempre di più la mafia e soprattutto a scoprirne i punti di contatto con la politica, i quali tutt’ora sono, purtroppo, rimasti impuniti. Ma come possiamo rendere utile il suo lavoro svolto, il testimone lasciatoci, come possiamo far sì che lui non muoia? Egli camminerà sulle nostre gambe solo se noi, tutti, continueremo la stessa lotta che portò avanti lui, che riguarda tutti e che ognuno di noi deve poter portare avanti con i propri mezzi. Il primo mezzo è l’informazione, per cui, per concludere questo articolo a ricordo e a onore di Giovanni Falcone, vogliamo riportare alcune considerazioni riguardo la criminalità organizzata. La mafia può essere anche essere definita come una specifica ideologia, nata molto tempo fa: quella della subordinazione e del silenzio rispetto a certi fattori quali la criminalità organizzata, i delitti di genere mafioso, la corruzione, la controinformazione, il compromesso morale.

Ma la parola mafia, da dove deriva? Tra varie ipotesi, alcune più attestate come quella che derivi da una parola araba e altre più dubbie, come quella che sia un acronimo per “Morte Ai Francesi Italia Anela”, motto nato dall’occupazione francese del 1282 della Sicilia, sono stati avanzati diversi studi. Tra di essi, quello che riteniamo più utile per descrivere a pieno questo fenomeno, è la proposta avanzata da G.M. Da Aleppo e G. M. Calvaruso (Le fonti Arabiche del dialetto siciliano, Vocabolario Siciliano) e rilanciata con qualche correzione da M. Salem Elsheikh (Gli interscambi culturali e socio-economici fra l’Africa Settentrionale e l’Europa mediterranea), secondo la quale la parola mafia sarebbe resa dall’arabismo mo’afiah. Tale termine viene tradotto con arroganza, tracotanza, prevaricazione. Tuttavia ci sono ulteriori proposte sul significato di questa parola. Occorre tener conto che gli scrittori siciliani del secondo Ottocento sono concordi nel sostenere che il significato primitivo di mafia era “eleganza, braveria, eccellenza”. Allo stesso modo nei dialetti centro-meridionali “mafia”, o meglio “maffia”, era un sinonimo di “spocchia”: l’esibire la propria ricchezza, atteggiamento tra l’altro accettato in Sicilia, dunque un’ostentazione inopportuna da guardare con sospetto e rispetto.

Secondo un’altra ipotesi, il termine mafia è influenzato anche da Maffeo, variante di Matteo, personaggio biblico appartenente alla serie dei nomi biblici in -eo con significato dispregiativo. Infatti l’unico ricco tra gli apostoli era Matteo, pubblicano, era solito mettere in mostra la propria ricchezza.

Queste tre proposte, da sole, rappresentano la linfa che si trova alla base di un fenomeno ormai radicato da secoli, che si estende mediante fitte reti di comunicazioni e rapporti commerciali in tutte le parti del mondo. L’arroganza, l’omertà, la prevaricazione, la braveria e l’ostentazione del potere sono il nutrimento del grande mostro nominato Mafia, un mostro che con i propri tentacoli ha tenuto incatenate intere famiglie, vite e territori dalla straordinaria bellezza.

Per concludere, riteniamo sia necessario fare un breve approfondimento sul fatto che non esiste solo un tipo di mafia. Principalmente in Italia si conoscono Cosa Nostra e Camorra, tuttavia esistono, o sono esistite, tante altre famiglie e tante altre mafie, simili o differenti tra loro nella struttura e nel modo di operare, talvolta alleate e talvolta nemiche. Si pensi alla Banda della Magliana, la storia della criminalità della Capitale aveva i tratti di una vera e propria mafia, oppure alla Sacra Corona Unita, mafia pugliese nata per volere di Raffaele Cutolo, capo della Camorra napoletana di cui dunque è figlia, o ancora ai Basilischi, gruppi mafiosi operanti nella regione della Basilicata. Infine, la ‘ndrangheta: la mafia ad oggi più attiva sul nostro territorio e più pericolosa, combattuta strenuamente dal Procuratore Gratteri a cui troppo spesso troppe persone provano a mettere ancora i bastoni tra le ruote.

La mafia, riprendendo le parole di Falcone a cui oggi va il nostro commosso ed emozionato ricordo, è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha una sua nascita, un suo sviluppo e avrà inevitabilmente anche una sua fine. Tuttavia, finché esisterà, dovremo ricordarci che va combattuta, bisogna sostenere la lotta che non ammette sconti, ognuno con i propri mezzi: quello del Borghese Giovani può essere quello dell’informazione e della denuncia, per esempio.

Grazie giudice Falcone, grazie per l’esempio che ci hai dato, l’eredità che ci hai lasciato e la vita che ci hai donato.

Alberto Sicilia

 

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