Non sono io: è la storia che vi condanna

Non sono io: è la storia che vi condanna

Qualche giorno fa, il 24 febbraio 2022, mi sveglio, nel caldo delle mie coperte, lamentandomi del freddo che mi aspetta fuori da esse, aspettando di gustare il tè tiepido che dolcemente mi è stato preparato dai miei cari. Un poco svogliato mi alzo dal letto e raggiungo la cucina, dove consumerò la mia amorevole colazione, pronto ad uscire per andare a svolgere il mio dovere. Come di prassi, tra un “buongiorno” e un “come stai”, scambiato tra le persone a me più vicine con le quali posso concedermi queste viziose dolcezze, accendo il telegiornale. Sono giorni tesi, tuttavia non ancora tragici. Tra l’altro la paura per il Covid pare star svanendo e, nonostante dovrei essere in parte contento per questo, quasi mi strozzo con l’amorevole colazione di cui parlavo prima, a causa di una notizia che meno mi sarei aspettato ne augurato di leggere: “Ucraina-Russia, le ultime news: è guerra. Morti e feriti” (la Stampa); “Guerra in Ucraina, truppe russe entrano nel paese anche dalla Bielorussia” (tgcom24). Superato lo shock a prima vista, continuo ad ascoltare: bombe sulle principali città ucraine, truppe russe dal confine orientale, dalla Crimea e attraverso la Bielorussia. L’Ucraina praticamente è accerchiata in una morsa soffocante. Sconvolto guardo le notizie su internet e su altri telegiornali in onda: Vittime civili. 

Oltre lo sconvolgimento, la delusione, il dispiacere, ammonta in me un senso di angoscia dato da un inevitabile confronto: Io stamattina mi sono svegliato nelle calde coperte della mia pulita stanza; un mio coetaneo si sarà svegliato col boato delle bombe, se si è svegliato; io mi sono permesso di lamentarmi del freddo che mi aspettava fuori dal letto; lui probabilmente non aveva neanche un tetto sopra la sua testa; io ho potuto salutare col solito affetto i miei cari appena svegliati; lui avrà sentito le urla dei suoi genitori che frettolosamente cercavano i documenti per andarsene il prima possibile, confusi magari dal pianto dei figli più piccoli; io mi sono strozzato leggendo notizia; lui è fortunato se è ancora vivo; adesso io sto scrivendo di ciò mentre lui starà scappando dai bombardamenti tenendo per mano i suoi genitori e i suoi fratelli, magari col rimpianto di non avere portato con sé qualcosa a cui teneva, lasciandolo incustodito nella casa che è sua ma nella quale non può tornare. Tutto ciò, senza neanche fare colazione. Mentre io scrivo queste righe a stomaco pieno. 

Dovrei scrivere qualcosa commentando il piano geopolitico, dovrei forse parlare di Salvini che, da che era un grandissimo ammiratore di Putin, ha taciuto o si è espresso in maniera poco incisiva, mentre dovrebbe condannare con fermezza questo atto gravissimo. Dovrei sottolineare che la destra che vogliamo, o che forse voglio da solo, dovrebbe essere pacifista e quindi dovrebbe rivedere l’ammirazione nutrita nel tempo nei confronti di Putin (cosa che la Meloni ha fatto criticandone la politica, merito che le riconosco). Sì, forse avrei dovuto scrivere di tutto ciò ma a caldo posso dire solamente di essere profondamente sconvolto e tutto ciò che esce dal mio intimo è una ferma condanna. Ferma condanna a Putin, alla sua politica, ma anche a ogni forma di violenza e di guerra che qualsiasi uomo abbia ancora il coraggio di intraprendere. E ancora condanno tutti coloro che pensano a sé stessi, ai risvolti economici invece che a quelli umani, ormai relegati a “non è il mio popolo, quindi non mi tocca”. Sì perché ormai si parla o di banche o di costrutti politici, l’uomo non vale più nulla. Checché se ne dica, è così: l’uomo non vale più nulla… 

Il centro del mondo Infatti non è più l’uomo e le sue capacità relazionali (cosa che realmente ci tiene i vivi), bensì, il centro del mondo, è l’economia. L’utile è diventato ciò a cui noi teniamo di più, il profitto, il successo economico e forse la fama. E lo possiamo benissimo notare ripercorrendo la debole politica europea: prima di tutto ha pensato al gas, non agli ucraini che soffrivano e temevano il peggio che poi, di fatto, è arrivato. Ma la cosa che sconvolge di più, in tutto questo, è che uomini prima di noi hanno commesso questi errori, e noi, in relazione alla loro testimonianza, non abbiamo imparato nulla. Ciò sottolinea senz’altro che è vero che l’uomo, di fatto, non è più al centro delle nostre attenzioni, visto che, appunto, ne ignoriamo la capacità più importante: quella di relazione (tra me e te oggi, ma anche con chi materialmente non c’è più, magari attraverso ciò che è stato scritto di lui). 

C’è da ammettere l’esistenza di una grave crisi sociologica e antropologica del nostro tempo? Non mi sembra serva questo articolo per farvene rendere conto. Piuttosto si deve sottolineare una cosa, la quale, questa sì, forse davvero non è chiara. Ed è la cosa per cui Putin si è mostrato profondamente incoerente nei confronti dei suoi stessi discorsi, essendo il primo a parlare attraverso la chiave della storia. Ebbene, lo sconcertamento risiede proprio in ciò: è la storia con cui Putin si è riempito la bocca, e di cui ha tradito l’insegnamento, che ora, per prima, lo condanna. È la storia che studiamo sui banchi di scuola che condanna ogni atto che ignori la condizione dell’uomo, e quindi delle persone che in Ucraina adesso soffrono, e che si dimostri essere nient’altro che egoistico.

Henry Dunant


Sono gli ebrei dell’esodo a condannarci; sono gli egizi travolti dal Mar Rosso a condannarci; sono i cristiani perseguitati a condannarci; è il vostro ignorare quel Cristo crocifisso che per noi è morto, a condannarci; sono le vittime della Santa Inquisizione, gli armeni massacrati dagli ottomani, gli ebrei della Shoa, i soldati morti in ogni guerra, i dittatori che hanno piegato la volontà di migliaia di esseri umani sotto di loro, a condannarci. E nonostante la Storia, quella con la “S” maiuscola, ci proponga eventi e temi da cui prendere spunto per evolverci (e quindi lasciare indietro la violenza, perché di questo si parla), come la preziosissima sfida sociologica lanciata da Henry Dunant e dal comitato dei 5, precursori della Croce Rossa, noi siamo stati capaci di imparare solamente come costruire armi sempre più distruttive e a pensare a come fare per prevalere sempre e comunque sul nostro prossimo. Qualcuno diceva (Albert Einstein, un cretino a caso) “Io non so con quali armi sarà combattuta la Terza Guerra Mondiale, ma la Quarta Guerra Mondiale sarà combattuta con pietre e bastoni”, possibile che non lo capiamo?

Per quanto ancora tenteremo di prevalere l’uno sull’altro, per quanto ancora ci faremo del male, per quando ancora vorremo vedere bambini piangere perché subiscono un male che non comprendono? Per quanto, o uomini, saremo ancora duri di cuore?

Alberto Sicilia

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