Ucraina, la minaccia russa non si ferma. Il parere dell’esperto Ispi

Ucraina, la minaccia russa non si ferma. Il parere dell’esperto Ispi

La guerra Ucraina-Russia continua e la democrazia, ormai, è da giorni sotto assedio. Quali le vere cause? Quali i rischi e le conseguenze? Abbiamo intervistato il dott. Matteo Pugliese, esperto di sicurezza internazionale e minacce ibride, attualmente ricercatore associato Ispi, per fare chiarezza sullo svolgimento di un conflitto che sembra non avere scenari prevedibili.

Dott. Pugliese*, partiamo dal principio. Da cosa si è sentito minacciato Putin?

La narrativa che il Cremlino ha cercato di vendere è quella di un’espansione imminente della Nato nei confronti dell’Ucraina. Ma la vera minaccia che Putin può aver percepito, per spingerlo fino all’invasione, è che il suo modello politico non riesce più a essere venduto all’estero e che in un paese confinante, come l’Ucraina, sempre di più la società civile si riconosce in alcuni valori occidentali e sempre meno nell’ideologia che il Cremlino cerca di propagandare.

 

 

È trascorsa una settimana dall’invasione russa. Possiamo dire che c’è stata un’inadempienza diplomatica tra le varie cause che hanno scatenato il conflitto? 

Io non credo, nel senso che non c’è mai stata, alla vigilia del conflitto, una vera volontà da parte della Russia di ottenere un compromesso diplomatico, perché le condizioni che venivano poste dal governo russo erano un aut aut, cioè: o l’Ucraina rinuncia definitivamente all’ingresso nella Nato, attraverso un trattato internazionale, rinuncia alla sovranità sulla Crimea e al controllo del Donbass, altrimenti invadiamo. Questa non è una trattativa diplomatica e un dialogo, questa è una richiesta sotto la minaccia delle armi. Se si fosse continuati a perseguire la strada diplomatica, non credo che si sarebbe arrivati a un risultato, perché da una parte non c’era la volontà di ottenere un compromesso.

Volodymyr Zelensky, Presidente dell'Ucraina

Volodymyr Zelensky, Presidente dell’Ucraina

 

Le parole del presidente ucraino Zelensky nel condannare l’azione aggressiva di Putin sono state: “Vogliono cancellarci dalla storia”. Anche la Corte penale internazionale è intervenuta duramente: Putin rischia davvero di essere condannato per crimini di guerra e contro l’umanità?

Diciamo che i crimini di guerra che varie organizzazioni internazionali, a partire da Amnesty International, stanno documentando e sui quali stanno raccogliendo prove sono effettivamente avvenuti, in particolare a Kharkiv e nel nord e nell’est del paese. Ma io non credo  ̶  anche se questa guerra, alla fine, Putin la perderà  ̶  verrà mai portato, lui o la sua leadership militare, sui banchi degli imputati all’Aia a risponderne perché la Russia non permetterà mai un simile esito, che interessa molto, altrettanto quanto la vittoria sui campi di battaglia, perché la costruzione della narrativa russa attraverso una post verità deve essere coerente e in linea con la propaganda. Perciò sarebbe impossibile pensare a un esito storico che porti il regime russo sui banchi degli imputati.

Gli effetti delle sanzioni applicate sono efficaci a lungo termine o servirebbero altri strumenti?

A lungo termine non penso, ma credo che abbiano già dispiegato il loro potenziale. Nel senso che, come abbiamo visto, la borsa di Mosca ha deciso di restare chiusa per due giorni consecutivi in seguito alle sanzioni economiche, e anche i russi nell’opinione pubblica stanno iniziando a percepire dei cambiamenti nei prezzi, nei servizi a cui non possono più accedere. Ricordiamoci, per esempio, le carte di credito (Visa e Mastercard non sono più attive), la Apple che ha sospeso le vendite in Russia e da questo  punto di vista ci sono anche degli effetti negativi, ossia che la propaganda russa sfrutta le sanzioni per alimentare il vittimismo della narrativa putiniana per cui il paese è assediato dall’Occidente e c’è una discriminazione nei confronti dei russi. Sta all’Occidente e ai media liberi riuscire ad arrivare all’opinione pubblica russa per spiegare che cosa sta effettivamente succedendo in Ucraina, cioè un’invasione criminale, e che cosa possono fare i russi per prendere le distanze da un regime che non rappresenta tutta la popolazione.

In questo scenario l’Italia che ruolo ricopre?

L’Italia è stata tradizionalmente molto vicina alla Russia, rispetto ad altri paesi europei, ma, in questa fase, il Governo Draghi ha dimostrato particolare serietà e capacità di unità con il resto dell’Unione Europea, non solo dimostrando solidarietà a parole ma anche aderendo alle sanzioni e, soprattutto, decidendo di inviare degli armamenti difensivi antiaerei e anticarro, cosa inedita nella storia recente italiana. Pensiamo che è stata modificata una legge degli anni Novanta proprio per permettere questa consegna di armamenti a un paese belligerante; ovviamente la tipologia di armamenti non è nota perché il provvedimento è stato secretato per ragioni di sicurezza militare, però sappiamo che queste armi possono efficacemente contribuire alla difesa dell’Ucraina di fronte all’aggressione russa.

Mario Draghi, Presidente del Consiglio italiano

Mario Draghi, Presidente del Consiglio italiano

 

Durante una comunicazione al Senato, Draghi ha affermato: “Negli ultimi decenni, molti si erano illusi che la guerra non avrebbe più trovato spazio in Europa e che potessimo dare per scontate le conquiste di pace. […] Le immagini delle bombe hanno messo fine a quell’illusione”. A seguito di questo conflitto, come potrebbe quindi cambiare il mondo?

Molto dipende dall’esito di questo conflitto, nella misura in cui Putin ha intenzione di scardinare il sistema internazionale, fondato su regole e princìpi del diritto, per sostituirlo con uno fondato sulla prepotenza con i mezzi militari e anche sulla comunicazione di una post verità, cioè di una narrativa completamente falsata di che cosa avviene a livello internazionale. E se questo messaggio passa e se la strategia di Putin ha successo, siamo di fronte a un cambiamento epocale, perché non soltanto riguarda l’Ucraina o la sicurezza in Europa, ma riguarda la fine di un ordine internazionale e l’inizio di nuove dinamiche basate sulla forza e che potrebbero essere riprese da altri paesi, primo fra tutti la Cina nei confronti di Taiwan, considerata ancora una provincia ribelle da riunificare, anche militarmente.

Una domanda per sciogliere un dubbio ai lettori. L’aiuto militare che stiamo dando equivale a un ingresso in guerra anche per noi?

Naturalmente no, perché l’aiuto militare consiste solamente in fornitura di dispositivi e armamenti che vengono poi utilizzati e operati dalle Forze armate ucraine, quindi non esiste nessun collegamento con un ingresso nel conflitto da parte delle forze armate italiane, europee o della Nato. E su questo, nonostante le minacce del Ministro degli esteri Lavrov e dello stesso Putin, non c’è dubbio a livello di diritto internazionale. 

A cura di Federica Masi

*Matteo Pugliese, ricercatore associato ISPI per il programma terrorismo e radicalizzazione. Svolge un dottorato di ricerca all’Università di Barcellona. Esperto di sicurezza internazionale e minacce ibride. Nel biennio 2017-2018 è stato rappresentante speciale del presidente dell’ Osce.

 

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