Studenti e Bianchi: l’immaturità della lotta allo scritto

Studenti e Bianchi: l’immaturità della lotta allo scritto

Come riportato da “La Repubblica” il 12 febbraio nell’articolo a firma di Corrado Zunino, il ministro dell’istruzione del Governo Draghi ha affermato di aver cambiato l’esame di maturità «per togliere ai ragazzi la paura di non farcela».

 Un tentativo di tendere una mano verso le migliaia di ragazze e ragazzi che hanno riempito le strade cittadine, per protestare contro l’iniziale scelta di reinserire le due prove scritte dopo due anni nei quali – a causa dell’emergenza pandemica in corso – si era optato per una singola prova orale. Una scelta non gradita poiché, a detta dei giovanissimi, non si poteva ancora pensare di tornare ad una normalità in un contesto emergenziale nel quale la DAD ha inciso profondamente sul loro percorso scolastico.

Il compromesso è stato trovato decentralizzando la seconda prova – dedicata alla materia d’indirizzo – e abbassando la quota dei crediti derivanti dalle prove d’esame (si è passati dal rapporto di 60/40 rispettivamente per prove e triennio ad una parità 50/50).

Seppur si possa condividere il malessere dei giovani, che in questi due anni hanno pagato più di tutti la chiusura dei luoghi di socializzazione e l’impossibilità di poter frequentare in presenza gli spazi dedicati all’istruzione e all’educazione, non si può ritenere condivisibile una medicina – fornita dal Ministro Bianchi – che invece di alleviare i dolori derivanti da queste mancanze, acuisce invece molti problemi che il coronavirus ha creato nell’ambito studentesco.

La didattica a distanza, complice anche l’incapacità italiana di prevenire una situazione emergenziale come questa – predisponendo infrastrutture digitali adeguate a garantire una fruizione della tecnologia a tutti – ha acuito le problematiche dell’istruzione italiana, i cui dati delle recenti prove invalsi già presentavano un pericoloso campanello d’allarme, con competenze notevolmente inferiori rispetto a quelle dei coetanei europei.

Fattori ancor più pericolosi nelle situazioni sociali di profondo disagio: molte famiglie – per motivi economici – non hanno potuto garantire la piena fruizione delle lezioni ai propri figli e/o non hanno potuto dedicar loro molto tempo per aiutarli in un percorso nel quale non avevano a disposizione la figura importantissima rappresentata dai professori, andando ad aumentare ancor di più le disparità fra i giovani di differenti fasce sociali. Un pericolo su cui non è mai stata fornita grande attenzione ma che rischia di ridurre ancor di più la debole mobilità sociale presente nel nostro Paese.

 

Tuttavia non si può pensare che nascondendo il problema, togliendo la prova scritta, si possa migliorare la situazione. Anzi, si nasconderebbe sotto la sabbia un qualcosa che col passare del tempo rischierebbe di creare ancor più problemi. Gli studenti hanno bisogno di ritornare a scrivere, perché la maturità rappresenta la prima vera occasione di valutazione nel mondo e c’è bisogno che ognuno di loro possa comprendere a che punto della propria formazione si trova, non per poter essere giudicati dagli altri ma – al contrario – proprio per poter aver un proprio giudizio su sé stessi, affinché si perfezionino i propri punti di forza e si migliorino quelli di debolezza. E se è vero che è fondamentale farlo sulle proprie capacità orali, altrettanto necessario è realizzarlo sulle proprie competenze di stesura di un elaborato scritto.

Viviamo nell’epoca dei social: mai il mondo ha prodotto così tanti contenuti scritti ed è paradossale che gli studenti abbiano paura proprio di preparare un tema. La dimostrazione che i post hanno abbattuto la qualità di ciò che si propone, rendendo la comunicazione piatta e qualitativamente povera. È necessario ritornare a ragionare su ciò che si scrive e si forma. Un problema che si deve affrontare il prima possibile e che non deve essere nascosto.

L’idea del governo di far marcia indietro sembra rappresentare un’abdicazione a questo tentativo di guardare in faccia le problematiche della generazione Z, acconsentendo al racconto che questi ultimi stanno creando per assolvere le proprie mancanze (che – va precisato – come detto prima non dipendono esclusivamente da loro).

Alcuni studenti in protesta a Torino nel 1968.

Una narrazione molto simile a quella dei Sessantottini che sfruttarono la polemica della massificazione dell’istruzione superiore ed universitaria per rendere accettabile l’idea del 18 politico: proprio come loro i ragazzi di oggi stanno sfruttando il covid ed una drammatica morte avvenuta durante l’alternanza scuola-lavoro per togliere la prova scritta.

 

Si spera che col tempo e con la fine della pandemia si possa tornare a rispettare la prova scritta, evitando che alcuni problemi possano portare gli studenti a richiederne l’eliminazione.

Per il momento il Ministro Bianchi e gli studenti sono rimandati al prossimo appello, nell’attesa di una loro maturità che possa far comprendere loro l’importanza di ragionare, produrre e scrivere.

Alessio Moroni

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